Mangiare da Gino a Ceglie Messapica

Ho sempre il terrore di tutti quei ristoranti che prendono il nome dal proprietario: “da Tizio” “da Caio”. Non so spiegare davvero il perché, sarà forse la troppa similitudine a certi vecchi barbieri e parrucchiere, dove “salone da Mariella” – per dirne uno – voleva assolutamente lasciar intendere che dentro ci avresti trovato decine di donne bigodinate pronte a sparlare su tutti, dal vicino di casa al vip immortalato su Novella2000.

Sarà, però quando un caro amico mi ha portato in quel “Da Gino”, sulla collina di Montevicoli a Ceglie Messapica, mi son voluta fidare preparandomi all’immancabile conoscenza di Gino.

Ebbene, la fiducia è stata ripagata. Gino, ristoratore da “una vita” è persona dai modi assai gentili, che non tenta di promuovere il suo ristorante come l’unico ed il migliore, ma parla di cose buone e ti invita a cercarle per Ceglie, magari anche consigliandoti altri ristoranti “con cucina diversa dalla mia, prodotti diversi, tutti buoni”.

Nonostante al primo impatto l’esterno possa lasciare qualche perplessità sullo stile, l’interno si redime con un sobrio trionfo di legno, curato nei particolari dallo stesso Gino che si è divertito a costruire con le sue mani (e l’aiuto dei figli) arcate di bottiglie come ingresso ai diversi ambienti, tavolini, menù e vassoi in legno, per dare un tocco del tutto personale al ristorante (di cui, anche se non lo dice esplicitamente, è assai innamorato).
Caratteristici e suggestivi i tre tavoli da massimo 4 posti l’uno all’interno del trullo attiguo alle sale principali.

A tavola veniamo serviti da due camerieri old style, non più giovanotti, ed altrettanto innamorati del luogo, a tal punto che ad ogni portata, oltre ad un accenno di descrizione, ci tengono a precisare che “noi con la grande distribuzione non abbiamo niente a che fare, tutti i nostri prodotti sono locali e fatti da noi”.

In effetti è vero. Ci viene servito, in un servizio di piatti tipico della cercamica pugliese, un antipasto della casa con struzzichini freschi fatti di friselle con sugo piccante, patè di olive e ricotta forte (favolosa: fresca, morbida e con sentori di animale e fieno, in un retrogusto che si manifesta e resta dopo il piccante, molto piacevole), bietole gratinate al forno, frittata di zucchine fresche, ricotta e mozzarelline fresche (la ricotta ottima, con latte che ricorda veramente l’animale e non l’industria), tocchetti di focaccia fresca, formaggio fresco in terrina, gli immancabili melanzane e peperoni, e le polpette di pane (unica, personale, critica: troppo aglio e troppo compatte).

Il primo è un trionfo del territorio: orecchiette alla porcellana comune.
Orecchiette fresche (e fatte a mano, portavano infatti i classici segni del lavoro delle dita) condite con quest’erba spontanea cotta, il tutto ben amalgamato da un sottile strato di cacio fresco, sciolto dal calore delle orecchiette e così ben nascosto nel condimento. La porcellana comune, nel dialetto cegliese la prughiazza (ma in Puglia conosciuta anche come perchiazzaporcacchia, procaccia…), cresce spontaneamente un po’ dappertutto nelle campagne del sud, anche in maniera invasiva. Il piatto è ottimo, la combinazione dei sapori ben pensata, molto gradevole la sensazione salata del cacio che rimane in bocca dopo il boccone. “La prughiazza la raccogliamo nell’aia della Masseria dello Jazzo che si trova qui vicino” ci tiene a precisare un cameriere, tanto per ricordami la genuinità della loro cucina.

Finale con frutta fresca di stagione (niente frutti esotici, per fortuna) e ottima fetta di torta della casa. Un dispiacere non aver riassaggiato i biscotti di Ceglie, ma un’ottima motivazione per tornare in questo paesino dell’entroterra brindisino, che dell’enogastronomia ha fatto una propria vocazione.

La carta dei vini è ricca e presente, con una bella varietà di etichette.

Ristorante Da Gino
www.ristorantedagino.it
Contrada Montevicoli – Ceglie Messapica (BR)
tel. 0831/377916
tra 20 e 35 euro vini esclusi

a cura di Manila Benedetto

gnammm

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