Cereali e derivati

Cos’è quella cosa che non manca mai sulle tavole italiane? Il vino dite? Beh, non è sempre presente, anche se posso darvi ragione. Il caffè? Ma quello è il finale del pranzo! Cosa? La pasta ed il pane? Bravissimi! Da quando in età prestorica gli uomini iniziarono a coltivare i primi cereali è iniziata la produzione di alimenti molto nutritivi che non hanno più abbandonato le nostre tavole, in Italia soprattutto, dove la pasta è diventata un simbolo nazionale. Questa introduzione, vi avrà sicuramente fatto capire qual è la prossima guida che mi accingo a proporre qui su Gustoblog… i Cereali e loro derivati.

Innanzitutto cerchiamo di chiarire quali sono i cereali presenti in Italia e cosa produciamo da essi. I cereali sono dei vegetali facenti parte delle graminacee e si dividono in frumento (grano tenero e grano duro), riso, orzo, mais, avena, sorgo, miglio, segale. In Italia la produzione è concentrata sul frumento, il riso, il mais e l’orzo, con delle zone regionali assai famose per la loro produzione (Piemonte e Lombardia per il riso, Sicilia e Puglia per il frumento, il Veneto per il mais).

Dalla lavorazione dei cereali si ottengono principalmente tre prodotti: la farina, il pane e la pasta.
LE FARINE PIU’ USATE

Farina di grano duro / semola: è di colore giallo, e nasce come derivato dal frumento duro dopo la macinazione e la separazione della farina dalla crusca. Il frumento duro è una delle specie più antiche, e viene usato come base per la pasta, il pane e in molti prodotti tradizionali del Mediterraneo. Il suo uso è diffuso maggiormente al sud e può essere anche integrale.

Farina di grano tenero: è la macinazione del grano tenero, il più diffuso e coltivato nel mondo, in quanto tollera ogni tipo di clima. La farina che si crea viene convenzionalmente definita di tipo “00” o “fior di farina” ed è quella usata per pane, pizza e tutti i prodotti da forno e da pasticceria. La 00 è prima di crusca, ma in caso di presenza di quest’ultima, si trasforma in farina 0, 1, 2 e integrale.

Semolato: una farina artigianale di qualità, ottenuta dal grano duro pulito dopo l’estrazione della semola.

Farina di riso: nasce dalla lavorazione e macinazione del riso bianco. Viene usata nella pasta e nei dolci.

Farina di segale: nasce dalla lavorazione e macinazione della segale, cereale antichissimo impiegato soprattutto in Europa centrale e orientale.

Farina di granoturco: nasce dalla lavorazione e macinazione del mais. La sua origine è americana, ma ha avuto grande diffusione in Pianura Padana, diventandone un alimento caratteristico. Viene usata per la produzione della polenta, mentre il mais lavorato si trasforma anche in amido di mais, usato come addensante nelle salse.

Kamut: è una farina dal marchio registrato, prodotta in America dai semi di un antico cereale egizio. Viene usata per le torte e per il pane in versione raffinata e integrale per i biscotti.

Manitoba: è una farina proveniente dal grano tenero canadese, particolarmente resistente al freddo. Ideale per i dolci per il suo alto contenuto di glutine.

Inoltre esistono ulteriori farine non derivate dalle graminacee, come quella ai ceci, tipica di Genova (farinata) e di Putignano – Ba (farinella).

IL PANE CHE CONOSCIAMO

Pane di farina di grano tenero : ovvero il classico pane bianco che troviamo in diverse forme.

Pane di semola di grano duro: è un pane tipico delle regioni del sud, ha la caratteristica di conservarsi a lungo e di avere il classico colore giallino della semola.

Pane semolato di grano duro: anch’esso si trova al sud. Il semolato viene spesso usato anche per i taralli e le friselle.

Pane integrale: prodotto con la farina ricca di crusca è scuro ed ha un alto contenuto di fibre.

Pane di altre farine: a seconda della farina che viene usata, possiamo trovare pane di segla, di avena, di riso, di mais…

Pane speciale: è quello che usa oltre la farina anche degli altri ingredienti che si aggiungono all’impasto base. Troviamo così il pane al burro, al latte, allo strutto, all’olio, alle olive…

Il pane in Italia viene anche tutelato con le denominazioni protette (IGP – DOP), ed ha diverse forme, nomi e tipologie a seconda della regione in cui viene prodotto. Questa la mappa dell’Italia del pane:

NORD

Valle d’Aosta
Pan ner: tradizionalmente cotto a legna è composto di farina di segale e di frumento, a volte arricchito con noci, uvetta o semi di finocchio.

Piemonte
Biova: fatta di pezzatura grande e piccola, è caratterizzata da una mollica molto soffice e bianca.
Focaccia di Novi: è assa e dorata, croccante, si condisce di solito con olio d’oliva.

Liguria
Focaccia classica di Genova: Alta un paio di centimetri, esternamente fragrante e morbida all’interno, viene condita con olio d’oliva e sale. A volte c’è la variante con rosmarino o salvia.
Galletta: il pane “a lunga conservazione”. Croccante, sottile, bucherellato e dalla forma rotonda e piccola.

Lombardia
Rosetta: il classico panino, preparato con farina 00 e lungamente lievitato. E’ caratteristica l’incisione a stella. All’interno è vuota, con poca mollica. Di forma rotonda.
Pane di riso: è il pane delle mondine, fatto con farina di riso e di grano tenero in parti uguali. Spesso ci sono chicchi di riso bolliti. Mollica bianca e soffice.

Trentino-Alto Adige
Pane di segale: preparato con farina di segale e di frumento, aromatizzato con i semi di cumino. Esiste in tre sotto-versioni: Schuttelbrot (schiacciata tradizionale), Pusterer Breatl, Vinschger Paarl (due pani rotondi uniti).

Veneto
Ciabatta: classico della tradizione panettiera, viene fatto con farine di glutine nelle versioni filone o panino. E’ rettangolare, croccante fuori e morbida dentro.
Puccia di Cortina: schiacciata e sottile, è una focaccia di pane condita con origano selvatico.
Rosetta imperiale: è il panino degli imperatori (l’austricao kaiser semmel), ha l’interno pieno e si spennella d’albume prima di infornarla.

Friuli Venezia Giulia
Grispolenta: è un grissino friabile fatta di farina di mais.

CENTRO

Umbria
Pane di Terni: è il filone schiacciato senza sale, impastato con farina di grano tenero, lievito madre e acqua di montagna.
Pizza di Pasqua: un impasto lievitato fatto con latte, pecorino, uova, parmigiano, olio, strutto, sale e pepe, tipico del periodo pasquale.

Emilia Romagna
Coppia ferrarese IGP: è il pane con le “quattro punte”, fatto con farina di grano duro. Quasi privo di molli, è di colore dorato.
Piadina: originariamente senza lievito, è un impasto di farina di grano tenero, acqua (o latte), sale, strutto (o olio) e adesso lievito di birra. Sottilissima, va riscaldata prima dell’utilizzo.
Tigella: è un piccolo panino chiaro rotondo, tipico del modenese (nel dialetto vuol dire “tegola”).

Toscana
Pane di neccio nella Garfagnana: pane a filoni di farina di castagne macinata con la pietra.
Pane toscano: i tipici filoni e pagnotte di grano tenero e lievito madre senza sale.
Schiacciata: tipica di Grosseto, è croccante e condita con olio di oliva.

Marche
Crescia: è un disco di pasta con i bordi alti che viene condito in maniera differente a seconda della provincia.

Abruzzo e Molise
Pane di Cappelli: è il pane di Chieti fatto con la semola di grano duro del Senator Cappelli, pregiata varietà autoctona. Forma a filone con la crosta incisa.
Pane casereccio acquilano: pane a doppia lievitazione fatto con un blend di farina di grano tenero e farina integrale. Mollica soffice e crosta croccante. Forma a filone.
Pane Parruozzo: tipico di Teramo, è di colore giallo per la presenza di farina di mais. Molto morbido, viene usato soprattutto per accompagnare le verdure cotte.

Lazio
Pane Casereccio di Genzano IGP: è il primo marchio IGP d’Italia. Fatto da un impasto di farina di grano tenero e lievito naturale, la superficie è cosparsa di crusca. Ottimo per la bruschetta, è possibile trovalo in pagnotte o filoni.

SUD

Campania
Casatiello napoletano: di grano tenero arricchito con sugna, pepe e pancetta, ha forma di treccia o ciambella.
Pizza: è simbolo dell’Italia. Fatta di farina, lievito, acqua e sale, con un impasto privo di grassi.

Basilicata
Pane di Matera IGP: fatto di semola di grano autoctono, lievito madre nato dalla fermentazione della frutta, cotto a legno di quercia ed ulivo. Si conserva a lungo, ha le forme di cornetto o di pane alto. La crosta è dorata bruna, croccante e dal tipico odore di bruciato.
Ficcilatidd: ciambelle biscottate di grano tenero aromatizzate con i semi di finocchio. Tipici del periodo natalizio.

Calabria
Fresa: fatto di grano tenero, ha forma di ciambella. Dopo la prima cottura viene tagliato a metà e ricotto, al fine di “biscottarlo”. Prima di consumarlo può essere bagnato con dell’acqua. Si condisce con pomodoro fresco, olio, origano.
Pitta: è il pane delle antiche feste di Sant’Antonio, Santa Lucia e San Nicola. Fatto di grano teenro, ha forma di ciambella schiacciata e viene arricchito con un uovo sodo o le verdure.

Puglia
Pane di Altamura DOP: è l’unico pane DOP italiano, tipico per la crosta smessa e la mollica gialla compatta. E’ tipico per le capacità di conservazione: può durare anche una settimana. Ogni pezzatura ha un nome differente nel dialetto locale.
Focaccia barese: è tipica della città di Bari, è pasta di pane spianata e farcita con pomodoro e olio. Si può trovare anche farcita con cipolla, acciughe, olive nere e ricotta salata (ricotta forte).
Frisella: uguale alla Fresa calabrese.

Sicilia
Pane di Lentini: pane casereccio di Siracusa, fatto di semola di grano duro e semi di sesamo, ha la caratteristica forma ad “esse”. Viene cotto in forno con gusci di mandole, rami di ulivo e di arancio.
Mafalda: pane aromatico e quasi dolce, ha la forma serpentina.
Pan forte: un tempo era preparato con il grano duro, oggi viene fatto con farine più in uso (0/00). E’ cosparso di sesamo.

Sardegna
Civraxiu: una pagnotta del campidanese, fatta con semolato di grano duro o con la crusca, e lievito naturale. La lievitazione avviene nei cestini e sulla sommità viene fatta un’incisione a forma di cuore.
Pane carasau: noto anche come “carta da musica” è originario della Barbagia, dove i pastori lo usavano per nutrirsi. La versione di base è fatta di semola, con un impasto fatto a dischi sottilissimi cotti a circa 500°. Viene usato anche per preparare il pane “frattau” una sorta di “lasagna di pane”.


COME LO CONSERVIAMO?!

Adesso dobbiamo acquistarlo e, una volta portato a casa, fare in modo di conservarlo con le sue proprietà intatte il più possibile. Ma come? Prima di tutto impariamo a scegliere un buon panificio che garantisce provenienza (artigianale) e qualità del pane. Quando acquistate il pane ricordate di leggere gli ingredienti (devono essere solo sfarinati, acqua, lievito, sale ed eventuali spezie). Diffidate dal pane semicotto che viene venduto al banco, è illegale tale vendita! Infatti un pane semicotto pesa di più per la maggiore umidità e la sua vendita al banco è considerata frode. Se volete un pane di questo tipo, scegliete quello confezionato, che poi finirete di cuocere a casa.

Quando siamo a casa il pane ha una “tenuta” di circa 12 ore di fragranza, seppur questo sia del tutto empirico, in quanto dipende soprattutto dal tipo di lievitazione. Un pane a lievitazione naturale con pasta madre, infatti, può durare diversi giorni. Per garantirne la freschezza usate un sacchetto di carta all’interno di uno di tela. Oppure scegliete direttamente uno di tela e riponetelo in frigo. Se dovete conservarlo per tempi lunghi, allo scegliete l’abbattimento della temperatura, quindi il frezeer. Se il pane è fatto con lievitazione industriale, ovvero usando lievito di birra, allora la qualità si perde più facilmente. In questo caso optate sempre per la conservazione in freezer, negli appositi sacchetti per alimenti, cercando di creare il più possibile un sottovuoto.

E se non voglio comprare il pane? Lo faccio a casa! Non è impossibile, infatti, fare il pane anche nei forni elettrici delle nostre case. Il vero segreto è nell’impasto! Se riuscite, procuratevi del lievito madre, o createlo voi (io in casa ho creato un lievito madre che tengo in vita costantemente e con cui faccio il pane), e sbizzarritevi cercando di riprodurre i pani della tradizione, o inventate un nuovo pane, con il vostro ingrediente segreto.

INFINE…PASTA!

Ormai simbolo della cucina italiana, la pasta è il secondo uso più diffuso degli sfarinati da cereali. Ma come nasce? Il grano, raccolto e selezionato viene portato al mulino dove viene ripulito dai corpi estranei e macinato. Si ottiene così un semolato di grano, il germe (non adatto alla pastificazione) e la crusca. Il semolato di grano viene sottoposto a lavorazione meccanica, attraverso la quale amido e proteine vengono idratate per la creazione del glutine. L’impasto poi viene “gramolato”, ovvero respo più omogeneo ed elastico per la lavorazione. Quando la massa è pronta, si procede alla trafilazione attraverso lo stampo dei diversi formati. L’impostao viene compresso verso la trafila e ne esce la pasta. La trafila può essere in bronzo (pasta ruvida) o alluminio o il moderno teflon. Quando la pasta è pronta viene lasciata essicare, con un procedimento che la porti ad un grado di umidità di circa il 12.5% come previsto dalla legge. L’esiccamento può durare dalle 5 alle 40 ore. Infine la pasta viene riportata a temperatura ambiente… ed è pronta! Si procede al confezionamento e alla vendita.

In commercio troviamo vari formati di pasta, ma in generale possiamo suddividerla in questa classificazione:
– pasta lunga: può essere a sezione tonda (capellini, spaghetti, vermicelli), con il buco centrale (bucatini, ziti), a sezione quadrata (spaghetti alla chitarra), a sezione rettangolare (bavette, linguine)
– pasta corta: cavatellin, farfalle, fusilli, gnocchetti, maltagliati, maniche e mezze maniche, penne, pennette, sedani, trofie, orecchiette…
– pasta in nido: fettuccine, lasagne, pappardelle, tagliatelle…
– pasta minuta: anellini, conchigliette, filini, semolino, stelline…
– pasta ripiena: ravioli, agnolotti, tortellini, cannelloni, cappelletti…

Infine, per legge, la pasta viene divisa secondo queste tipologie (da riportare anche in etichetta):
– pasta di semola e di semolato di grano duro (prodotto standard, ottenuto con il procedimento prima descritto)
– pasta fresca all’uovo (ad un chilo di semola vengono aggiunte almeno 4 uova intere di gallina di almeno 200gr di peso)
– pasta fresca (è la pasta artigianale che conserva un grado di umidità fino al 30%, ha data di scadenza breve e viene spesso venduta sfusa nei pastifici artigianali)
– pasta integrale (la semola è arricchita di crusca, carica di fibre)
– pasta speciale (tipologie di impsti che contengono anche ulteriori ingredienti, tipo verdure, spezie, carne, etc. Sono paste speciali anche quelle di farro, mais e prive di glutine).

La pasta viene cucinata lessa (in pentola con circa 1 litro di acqua per ogni etto di pasta e circa 7 gr di sale grosso), anche se può essere fatta (o aggiunta) una cottura in forno. In ogni caso, il consiglio è di scolarla al dente per farle conservare le proprietà nutritive e la digeribilità.

a cura di Manila Benedetto

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